La storia
Il prestigioso manoscritto dell’Historia Naturalis di Plinio che reca oggi collocazione J.I.22-23 venne confezionato su commissione di Ludovico Gonzaga per poi essere acquistato nel 1627 da Carlo Emanuele I di Savoia (Pettenati 2011 a-b); l’inventario stilato nel 1659 ad opera di Giulio Torrini colloca il prezioso manufatto nella Grande Galleria, una sorta di wunderkammer realizzata dal Duca sabaudo in una manica di collegamento (oggi non più esistente) tra l’attuale Palazzo Reale e Palazzo Madama a Torino (Porticelli 2016). Nel secolo successivo, il manoscritto entrò, definitivamente, nei fondi della Biblioteca del Regio Ateneo torinese, istituita nel 1720 da Vittorio Amedeo II di Savoia.
Il codice – realizzato in un unico volume ma, già dall’Ottocento, suddiviso in due unità bibliografiche (Giaccaria 1986) – venne danneggiato dall’incendio che nella notte tra il 25 e 26 gennaio 1904 devastò la Biblioteca torinese, all’epoca situata in Via Po: i volumi persero completamente la legatura e le carte bruciarono in più punti, in particolare in corrispondenza del dorso della coperta e nella parte superiore dei margini (Giaccaria 1986). Si decise da subito il recupero dei 31 fogli miniati, trascurando quelli occupati dal solo testo dell’opera: 16 furono oggetto degli interventi di Carlo Marré che vi lavorò negli anni 1915-1916, mentre dei restanti 15 si occupò, nel periodo 1925-1926, Erminia Caudana, allieva proprio del Marré.
Come ricostruito da Angelo Giaccaria le carte, agglutinate a causa del fuoco, furono distaccate, ammorbidite, distese, spianate e risarcite, mentre vennero fissati i pigmenti del colore. Al recupero dei fogli con il solo testo provvidero, più tardi, Erminia Caudana e Amerigo Bruna (anni 1952-1960): in tale occasione ebbe luogo lo sbloccaggio, l’ammorbidimento, la distensione e lo spianamento delle pergamene, successivamente rinforzate nelle parti più fragili mediante applicazione di un sottilissimo velo di seta. Le carte, ancorate a due a due su un bifoglio cartaceo, vennero quindi riposte in tre grandi raccoglitori in tela e in legno (Giaccaria 1986).
Tutte queste operazioni portarono anche ad una doppia numerazione delle carte miniate: la prima tiene conto della cartulazione complessiva del codice, mentre la seconda è specifica dei 31 fogli, progressivamente percepiti come elemento “a sé”, tanto da essere custoditi in apposite scatole conservative. Tale dato è corroborato anche dalle numerose richieste di prestito delle sole miniature – ad iniziare dalla Mostra storica nazionale della miniatura tenutasi a Roma nel 1953 – tanto da aver «fatto perdere di vista la grandiosità dell’impresa» (Pettenati 2011b) che portò all’allestimento dell’intero manufatto.
Bibliografia essenziale:
- Giaccaria 1986
A. Giaccaria, n. 20, in Manoscritti danneggiati nell’incendio del 1904. Mostra di recuperi e di restauri, catalogo della mostra (Torino 1986), Torino 1986, pp. 32-33. - Pettenati 2011a
S. Pettenati, Manoscritti dei Gonzaga nella Grande Galleria, in Il Teatro di tutte le scienze e le arti. Raccogliere libri per coltivare idee in una capitale di età moderna. Torino 1559-1861, catalogo della mostra, a cura di M. Carassi, I. Massabò Ricci, S. Pettenati et alii, (Torino, Archivio di Stato, 2011-2012), Torino 2011, pp. 121.
Bibliografia essenziale (cont.):
- Pettenati 2011b
S. Pettenati, scheda 96, in Il Teatro di tutte le scienze e le arti. Raccogliere libri per coltivare idee in una capitale di età moderna. Torino 1559-1861, catalogo della mostra, a cura di M. Carassi, I. Massabò Ricci, S. Pettenati et alii, (Torino, Archivio di Stato, 2011-2012), Torino 2011, pp. 122-124. - Porticelli 2016
F. Porticelli, scheda 58, in Piemonte, bonnes nouvelles: testimonianze di storia sabauda nei fondi della Biblioteca nazionale universitaria di Torino nel 600° anniversario del Ducato di Savoia, catalogo della mostra, a cura di Franca Porticelli, Andrea Merlotti, Gustavo Mola Di Nomaglio (Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, 2016), Torino 2016, pp. 96-97
L’opera
L’apparato decorativo e illustrativo del Plinio di Torino costituisce uno dei vertici della miniatura italiana del Rinascimento. Il codice, commissionato da Ludovico Gonzaga, è specchio della qualità raggiunta dalla cultura visiva mantovana negli anni in cui, dopo Pisanello, Andrea Mantegna era pittore di corte. Si tratta di un vero oggetto di lusso, esempio del mecenatismo della corte gonzaghesca al pari di altre imprese decorative quali la celebre Camera picta o Camera degli Sposi in Palazzo Ducale, affrescata da Mantegna (1465-74).
La destinazione di questo codice umanistico fu nell’origine privata e destinata a pochi fruitori capaci di comprendere, sfogliando il manoscritto, non solo il contenuto di questa summa delle conoscenze naturali del mondo antico, a quei tempi richiesta e amata, ma anche di capire e apprezzare l’interpretazione data al testo attraverso le figurazioni a tempere colorate corredate da luccicanti e preziose lamine d’oro. Il manoscritto, esemplato tra il 1463 e il 1468 dal calligrafo Matteo Contugi da Volterra, iniziò ad essere miniato tra il 1468 e il 1478 anno di morte di Ludovico Gonzaga. I lavori dovettero però continuare anche durante il governo di Federico e di Francesco II Gonzaga perché una lettera a questo principe del 1489 restituisce l’informazione che Pietro Guindaleri, il principale miniatore del Plinio, a questa data lavorava ancora. Sappiamo inoltre da una corrispondenza del 1506 tra Isabella d’Este e il conte Fregosino Fulgoso, nella cui casa era morto nello stesso anno Pietro Guindaleri, che il conte si impegnava a restituire alla marchesa ‘i principi’ del Plinio ancora sfascicolati. Lo stato di non finito del codice oggi a Torno è del resto evidente in quanto alcune carte risultano prive di ornamento e altre non sono del tutto completate. Le 31 carte miniate, sfortunatamente danneggiate dall’incendio che devastò la Biblioteca Nazionale di Torino nel 1904, si trovano ad apertura dei libri della Naturalis historia: in alcune di esse i ricchi fregi sui margini e sulle iniziali sono dipinti con l’ornato a bianchi girari e a cappi intrecciati con evidente ripresa, sebbene rielaborata, di esperienze decorative già presenti nei codici umanistici anche della prima metà del Quattrocento; in altre, invece, appaiono lettere epigrafiche sfaccettate o frontespizi architettonici con rilievi e statue all’antica chiaramente mutuate dalle sperimentazioni condotte tra Padova e Venezia a partire dagli anni sessanta del XV secolo dal grande calligrafo Bartolomeo Sanvito e dai miniatori che con lui lavorarono.
Ornati dell’una e dell’altra tipologia sono presenti in altri codici gonzagheschi quali le Commedie di Plauto (Madrid, Biblioteca Nacional, ms. Vit. 22-5) realizzate alla fine del settimo decennio per Ludovico Gonzaga, scritte dallo stesso Matteo Contugi da Volterra e miniate dal ferrarese Guglielmo Giraldi, con cappi intrecciati molto vicini a quelli del Plinio, il Filocolo di Boccaccio scritto da Andrea da Lodi per Ludovico e attribuito a Iacopo Bellanti da Galatina (Oxford, Bodleian Library, ms. Canon. Ital. 85) e l’esemplare contenente la prima deca delle storie di Tito Livio (Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, ms. J. II. 5), scritto da Bartolomeo Sanvito nella prima metà degli anni sessanta e decorato con architettura all’antica contenente i titoli da un’artista riconosciuto per motivi stilistici con Giovanni Corenti.
Un’altra decorazione presente nel manoscritto, sempre di stampo antiquario, è quella delle candelabre classiche in risparmiato giustamente messe a confronto con l’ornato della Camera Picta.
Le immagini rispecchiano i contenuti dell’opera di Plinio visualizzando con la pittura, arte capace di rappresentare il vero, l’dea di una natura in cui l’uomo attraverso il suo agire interviene. Le scene sono dipinte entro tondi posti al centro del margine inferiore delle carte e, più raramente, entro spazi illusionisticamente creati alla base dei frontespizi architettonici. In tutte queste raffigurazioni è raggiunto un armonico rapporto tra il paesaggio naturale, la memoria dell’antico e il lavoro dell’uomo in una interpretazione propria del Rinascimento di area veneta e padana e in particolare vicina al linguaggio figurativo di Andrea Mantegna. Paesaggi rocciosi o verdeggianti, laghi e marine, città e edifici, sono costruiti con precisione lenticolare creando, attraverso il disegno e la modulazione della luce nel colore, spazi che si estendono in profondità quasi a volere sottolineare il superamento della bidimensionalità del supporto pergamenaceo.
A volte, i miniatori scelgono di lasciare la sola natura a fare da protagonista della scena, o, suggestionati anche dalle medaglie di Pisanello, raffigurano entro i paesaggi un animale o un oggetto; altri tondi o scene alla base dei frontespizi architettonici presentano la natura abitata da figure umane, quali medici, viandanti, speziali, operai e contadini, in pose di scorcio e con volti espressivi. Mantova è ritratta più volte dai pittori del Plinio di Torino che ne evocano palazzi, chiese e quello specchio lacustre che la circonda ancora oggi; anche la corte gonzaghesca è celebrata nelle miniature con riproposizione di stanze, loggiati, arredi e attraverso la presenza nelle scene di figure di paggi e cortigiani vestiti alla moda rinascimentale. Sono chiari rimandi alla famiglia Gonzaga le imprese dipinte del sole androprosopo nel Libro XIII (f. 188r) e della cerbiatta che guarda il sole nel Libro XXXIII (f. 457r). Nelle miniature vi sono spesso rinvii all’antico nell’intento di creare una sintonia con quanto narrato da Plinio: archi di trionfo, porte urbiche, terme, paesaggi con vestigia in rovina. Attraverso una visualizzazione realistica gli artisti riescono a restituire anche la materia fantastica e aneddotica del testo come accade ad esempio nella scena dei maghi che, in cerchio, cacciano i diavoli dipinta nel frontespizio del Libro XXX (f. 425r).
Il riconoscimento delle mani che operarono nel Plinio e la loro identificazione è argomento molto discusso dalla critica alle cui ampie riflessioni rimandiamo. A complicare la lettura è il fatto che l’esecuzione dell’apparato illustrativo e decorativo avvenne a fogli sciolti, dunque non in modo rigorosamente continuativo dal principio alla fine del codice ma con interventi discontinui. Va detto comunque che i primi libri recano decorazioni a bianchi girari e cappi intrecciati di gusto più arretrato rispetto a quelli a candelabre classiche che si incontrano nel seguito del volume.
Il maggior responsabile dell’opera è certamente maestro Pietro, ricordato nei documenti dal 1468 come responsabile del Plinio e riconosciuto in Pietro Guindaleri da Cremona, artista attivo alla corte mantovana, di cui però la Naturalis historia è l’unica opera documentata.
Al miniatore potrebbero comunque essere riferite per ragioni di stile la miniatura con San Giovanni nell’Evangeliario di Federico da Montefeltro, scritto da Matteo Contugi tra il 1477 e il 1478 (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Urb. lat. 10), in effetti paragonabile negli esiti grafici e cromatici alle prove mature del Plinio. A Guindaleri sono stati attribuiti anche alcuni fogli di un Libro d’ore appartenuto presumibilmente a Isabella d’Este, databile tra il 1485 e il 1490 e scritto da Bartolomeo Sanvito, oggi divisi tra il Musée Condé di Chantilly (Divers VI, 356-357), la Houghton Library (Cambridge, Mass. Ms. Typ 213) e una collezione privata, un’opera comunque dipinta da almeno due mani.
La prolungata attività di Pietro Guindaleri nel Plinio, testimoniata dalla documentazione, rende complicata la seriazione cronologica dei suoi interventi che come si è detto vennero fatti a fogli sciolti e non seguono l’ordine dei libri. Sembra comunque percepibile una maturazione del suo linguaggio. Alcuni tondi, ad esempio quelli dei Libri IV (f. 58v), V (f. 69r) VI (f. 82r), forse eseguiti poco dopo il 1468 o nei primi anni settanta, mostrano un approccio micrografico e lenticolare delle opere di Mantegna in cui sono ravvisabili confronti ancora con gli affreschi della Cappela Ovetari nella chiesa degli Eremitani a Padova, con le predelle della pala di San Zeno destinata all’abbazia di San Zeno a Verona e con le prime opere mantovane. Queste miniature sono da porre in stretta relazione anche con Girolamo da Cremona, miniatore del Messale di Barbara di Brandeburgo Gonzaga (Mantova, Museo Diocesano) anch’egli emulo di Andrea Mantegna che già nel 1469 si era trasferito a Siena.
Altre prove presumibilmente da scalare negli anni settanta, mostrano una interpretazione sempre più consapevole dell’opera del pittore padovano cogliendone gli esiti più avanzati delle pitture e degli affreschi eseguiti a Mantova e in particolare della Camera Picta terminata nel 1474 e del trittico degli Uffizi. Qui ad esempio potrebbe inserirsi il frontespizio con il Consulto dei medici ad un principe (Libro XXVI f. 371v), vero omaggio agli spazi della corte mantovana dove i cavalli sono chiaramente ripresi da quelli affrescati nella scena dell’Incontro della Camera Picta.
La morte di Ludovico Gonzaga, committente del Plinio, potrebbe aver segnato un momento di pausa del lavoro del nostro miniatore, che, se è giusta l’attribuzione del San Giovanni nei Vangeli di Federico, sarebbe in quel momento entrato in contatto anche con le opere dei miniatori ferraresi ad Urbino e avrebbe potuto conoscere sperimentazioni più mature del frontespizio architettonico presenti nei manoscritti della biblioteca di Federico da Montefeltro. In tal senso è possibile che in questa fase vengano realizzati i frontespizi del Libro XXIX (f. 414v) con il Consesso dei medici e l’offerta di un medicamento a un sovrano, peraltro ancora con i cavalli, e del Libro XXX (f. 425r) con i Maghi che evocano i diavoli dove l’architettura si fa più essenziale e monumentale, le figure sono più espressive e il colore è più saturo.
E’ plausibile ritenere che negli anni ottanta Guindaleri dipinga alcuni tondi più evoluti stilisticamente, dove le composizioni divengono più essenziali e patetiche e la luce si fa atmosferica. Tra questi figurano ad esempio L’elefante cavalcato da un nero del Libro VIII (f. 114v), l’Aratura del libro XVIII (f. 251r), la cosiddetta Pesca al tramonto del Libro XXXII (f. 445v) ed anche il Combattimento dei tritoni del Libro IX (f. 131r) tutte scene che hanno fatto pensare alla critica all’intervento dello stesso Andrea Mantegna, oggi scartato, ma suggestivo per comprendere il grado di maestria raggiunto da Guindaleri nella sapienza del disegno specie per la resa in scorcio delle figure e nell’armonia compositiva. La testa del cavallo al centro del combattimento dei Tritoni è ripresa dall’incisione con la Zuffa degli dei marini di Mantegna.
Le ultime prove di Guindaleri nel manoscritto, forse degli anni novanta, potrebbero essere una serie di tondi dove assistiamo ad una realizzazione più delicata delle figure, rese con un uso inconfondibile delle lumeggiature dorate e colori schiariti quali ad esempio il Plinio nello studio del Libro I (f. 1r) e le donne che lavorano il lino del Libro XXIII (f. 275r). In tal senso sarebbe da approfondire il confronto tra queste superbe e sottili prove grafiche di morbida resa e quelle dei fogli sciolti dell’Ufficio oggi smembrato che venne realizzato in due campagne decorative tra il 1485 e il 1494 e che appartenne ad Isabella d’Este giustamente avvicinato a Guindaleri e alla sua attività nel Plinio con l’aiuto di un’altro miniatore a lui vicino.
L’evoluzione di Guindaleri è stata messa in relazione a sollecitazioni nate dal paragone con le invenzioni dei frontespizi del Libro XII (f. 178v) e del Libro XXXI (f. 436r) nei quali si è proposto di individuare la presenza di un’altra mano identificata con quella del miniatore Giovanni Corenti. Il riconoscimento si basa sulla vicinanza di queste prove con un codice firmato da Corenti contenente la Vita Braccii Fortebraccii di Giovanni Campano scritta per Federico da Montefeltro nel 1482 (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. lat. 326). Anche Corenti, di cui non conosciamo l’origine, si allineerebbe qui sullo stile di Mantegna, ma diversificandosi per i frontespizi marmorei solenni marezzati, gremiti da statue e rilievi all’antica, per i cieli infuocati, le rocce finemente lumeggiate e l’espressività caricata dei volti. Tali caratteristiche mostrerebbero come questo maestro sia un più profondo conoscitore della miniatura ferrarese e in particolare del miniatore Guglielmo Giraldi oltre che delle prove all’antica della miniatura veneto-padovana. Del resto se è giusta l’attribuzione a Corenti del Tito Livio dei Gonzaga sopra citato egli era già dagli anni sessanta in contatto con la corte mantovana e in rapporto con Bartolomeo Sanvito. Il frontespizio con la raffigurazione dei bagnanti nelle terme del Libro XXXI (f. 436r) potrebbe essere dipinto verso la metà degli anni settanta in quanto mantegnesco e ferrarese, mentre quello del Libro XII (f. 178v) è più in linea, specie nei rilievi dorati e nelle statue in simil bronzo, con il manoscritto di Campano per Federico da Montefeltro del 1482. A Giovanni Corenti la critica ha attribuito anche il principio del Libro VIII (f. 93r) con fregio in lamina d’oro, cappi azzurri e fioroni, contenente un tondo raffigurante un sapiente in un paesaggio infuocato dalla luce del tramonto, molto vicino alle opere della scuola ferrarese nella rupe rocciosa posta a destra nella scena.
Se veramente nel Plinio intervenne anche Corenti egli si allineò a una cultura visiva assai vicina a quella di Guindaleri rispettando l’idea unitaria che fu alla base delle volontà della committenza.
I rapporti tra la corte dei Gonzaga, quella estense e quella urbinate specie tra gli anni settanta e i primi anni ottanta, sostengono la possibilità di una circolazione di artisti. Per Urbino lavorò anche il calligrafo del Plinio Matteo Contugi da Volterra. Ferrarese era Guglielmo Giraldi che lavorò anche per i Gonzaga e per Federico da Montefeltro.
Alcuni storici dell’arte ritengono invece che non vi sia la mano di Corenti e attribuiscono l’intera responsabilità dell’opera a Pietro Guindaleri, unico artista documentato, che nel tempo seppe evolvere il suo linguaggio e forse usufruì dell’aiuto di collaboratori.
La critica è comunque giustamente unanime nel ritenere che le pitture del Plinio Gonzaga siano una testimonianza della ricezione dell’arte di Andrea Mantegna; riconosce inoltre nelle invenzioni dei frontespizi del manoscritto torinese esempi eminenti di quel processo inventivo che rese la miniatura italiana del secondo Quattrocento un modello per quella europea e per le scelte decorative dei libri a stampa.
Bibliografia essenziale per le miniature:
- W. Braghirolli, Documenti inediti per servire ai Musei d’Italia, I, Firenze-Roma 1878, pp. 41-42.
- Anonimo, recensione a A. Luzio, Isabella d’Este e Francesco Gonzaga promessi sposi [1908], “Giornale Storico della Letteratura italiana” LIII (1909), p. 169.
- F. Carta, Cronache d’arte, “Resto del Carlino”, 27 novembre 1896, p. 2.
- Kristeller 1901, p. 462
- A. Bovero, Ferrarese Miniatures at Turin, “The Burlington Magazine”, XCIX, 1957, pp. 261-265.
- Mostra dei codici gonzagheschi. La biblioteca dei Gonzaga da Luigi I ad Isabella 1328-1540, catalogo della mostra a cura di U. Meroni, (Mantova 1966), Mantova 1966, pp. 27, 56-58, 80-81, n. 19.
- M. Bonicatti, Contributi marginali alla pittura veneta della Rinascita, “Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte”, n. s., 8 (1958), pp. 248-291.
- M. Bonicatti, Aspetti dell’umanesimo nella pittura veneta dal 1455 al 1515, Roma 1964, p. 47, nota n. 2.
- A. Giaccaria, n. 20, in Manoscritti danneggiati nell’incendio del 1904. Mostra di recuperi e di restauri, catalogo della mostra (Torino 1986), Torino 1986, pp. 32-33.
- A. Conti, Andrea Mantegna. Pietro Guindaleri ed altri maestri nel “Plinio” di Torino, “Prospettiva” (Scritti in onore di Giovanni Previtali), 53-56, 1988-1989, pp. 264-277.
- G. Lazzi, scheda n. 142, in Vedere i classici. L’illustrazione libraria dei testi antichi dall’romana al tardo medioevo, catalogo della mostra (Città del Vaticano, 1996-1997), Città del Vaticano 1997, pp. 488-490
- S. Marcon, voce Corenti Giovanni, in Dizionario Biografico dei Miniatori Italiani. Secoli IX-XVI, a cura di M. Bollati, Milano 2004, pp. 175-176.
Bibliografia essenziale per le miniature (cont.):
- G. Zanichelli, voce Guindaleri Pietro in Dizionario Biografico dei Miniatori Italiani. Secoli IX-XVI, a cura di M. Bollati, Milano 2004, pp. 346-347.
- G. Mariani Canova, I libri miniati dei Gonzaga: un percorso di gusto e di cultura; scheda III. 15, in Andrea Mantegna e i Gonzaga: Rinascimento nel Castello di San Giorgio, a cura di F. Trevisani, (Mantova, 16 settembre 2006- 14 gennaio 2007), Electa Milano 2006, pp. 83-89; pp. 234-243.
- T. D’Urso, scheda n. 10 A e B, in Enluminures Italiennes Chefs d’Oeuvre di Musée Condé, Paris 2000, pp. 40-44.
- V. Farinella, I pittori, gli umanisti, il committente: problemi di ruolo a Schifanoia in Il Palazzo Schifanoia a Ferrara, a cura di S. Settis, W. Cupperi, II, Modena 2007, p. 120 nota 36.
- F. Toniolo, I miniatori ferraresi e padani alla corte di Federico di Montefeltro, in Ornatissimo Codice. La biblioteca di Federico di Montefeltro, catalogo della mostra (Urbino 2008) a cura di M. Peruzzi con la collaborazione di C. Caldari e L. Mochi Onori, Milano 2008, pp. 79-89.
- S. L’Occaso, scheda 110-111, in Mantegna 1431-1506, catalogo della mostra, a cura di G. Agosti, D. Thiébaut, (Parigi, Musée du Louvre, 26 settembre 2008-5 gennaio 2009), Milano 2008, pp. 283-284.
- G. Mariani Canova, La natura dipinta: il Plinio Gonzaga e i suoi miniatori, “Rivista di Storia della Miniatura”, 12 (2008), pp. 34-44.
- S. Pettenati, scheda 96, in Il Teatro di tutte le scienze e le arti. Raccogliere libri per coltivare idee in una capitale di età moderna. Torino 1559-1861, catalogo della mostra, a cura di M. Carassi, I. Massabò Ricci, S. Pettenati et alii, (Torino, Archivio di Stato, 2011- 2012), Torino 2011, pp. 122-124.
Bibliografia essenziale per le miniature (cont.):
- S. Blake McHam, Pliny and the artistic culture of the Italian Renaissance : the legacy of the Natural history, London 2013
- S. Fumian, Una nuova proposta per il miniatore del Filocolo Gonzaga (Oxford, Bodleian Library, Ms. Canon. Ital. 85), in Il codice miniato in Europa. Libri per la chiesa, per la città, per la corte, Padova 2014, pp.509-523.
- J. J. G. Alexander, The Painted Book in Renaissance Italy 1450-1600, Yale University Press . New Haven and London 2016, p. 68, 109, 211 e note 216-217.
- F. Toniolo, La Bibbia in Italia nel Rinascimento, in Bibbia. Immagini e Scrittura nella Biblioteca Apostolica Vaticana, a cura di A. Piazzoni, F. Manzari, Parma 2017, pp. 252-261.
- L. Nuvoloni, scheda n. 232, in Beyond Words. Illuminated Manuscripts in Boston Collections, catalogue of the exhibition, edited by J. F. Hamburger et alii, (Boston 2016) Boston 2016, pp. 291-293.
Testo delle carte miniate
Miniature
Miniatura n. 1 – c. 1r – Plinio seduto a tavolino nel suo studio, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 2 – f. 275r – Libro XIX. Lini natura et miracula, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 3 – f. 216r – Libro XVI. Silvestrium arborum naturae, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 4 – f. 197r – Libro XVI. Silvestrium arborum naturae, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 5 – f.131r – Libro IX. Aquatilium naturae, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 6 – f. 481r – Libro XXXV. Honos picturae, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 7 – f. 414v – Libro XXIX. Medicinae ex animalibus, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 8 – f. 159v – Libro XI. Insectorum animalium, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 9 – f. 496v – Libro XXXVI. Naturae lapidum, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 10 – f. 394r – Libro XXVIII. Medicinae ex animalibus, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 11 – f. 457r – Libro XXXIII. Metallorum naturae, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 12 – f. 82r – Libro VI. Situs, gentes, maria, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 13 – f. 331v – Libro XXIII. Medicinae ex arboribus cultis, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 14 – f. 251r – Libro XVIII. Naturae frugum, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 15 – f. 285v – Libro XX. Medicinae ex iis quae in hortis servuntur, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 16 – f. 371v – Libro XXVI. Reliquae per genera medicinae, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 17 – f. 511v – Libro XXXVII. Origo gemmarum, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 18 – f. 305r – Libro XXI. Naturae florum et coronamentorum, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 19 – f. 445v – Libro XXXII. Medicinae ex aquatilibus, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 20 – f. 425r – Libro XXX. Medicinae ex animalibus, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 21 – f. 58v – Libro IV. Situs, gentes, maria, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 22 – f. 436r – Libro XXXI. Medicinae ex aquatilibus, Giovanni Corenti (?)
Miniatura n. 23 – f. 114v – Libro VIII. De elephantis, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 24 – f. 99r – Libro VII. Gentium mirabiles figurae, Giovanni Corenti (?)
Miniatura n. 25 – f. 45v – Libro III. Situs, gentes, maria, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 26 – f. 69r – Libro V. Situs, gentes, maria, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 27 – f. 206v – Libro XV. Naturae frugiferarum arborum, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 28 – f. 469r – Libro XXXIV. Aeris metalla, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 29 – f. 178v – Libro XII. Arborum naturae, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 30 – f. 145r – Libro X. Volucrum naturae, Pietro Guindaleri
Miniatura n. 31 – f. 188r – Libro XIII. De peregrinis arborum, Pietro Guindaleri