La Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino è una delle più importanti biblioteche pubbliche italiane.

La sua fondazione si colloca attorno al 1723 quando, per volontà del sovrano Vittorio Amedeo II di Savoia, venivano accorpati nei nuovi locali della Regia Università di via Po i tre principali fondi librari presenti nella città: le raccolte del Comune, quelle della Regia Università e i libri di Casa Savoia.

Nel corso del Settecento il numero dei volumi fu notevolmente incrementato grazie al versamento obbligatorio delle pubblicazioni accademiche, ai regolari acquisti di libri e interi fondi e attraverso importanti donazioni. Ulteriori collezioni pervennero in seguito alle soppressioni della Compagnia di Gesù e degli ordini conventuali in epoca napoleonica.

Tra il 1809 e il 1815 fu acquistata la biblioteca di Tommaso Valperga di Caluso, con i suoi numerosi manoscritti ebraici, arabi e indiani. Tra il 1820 e il 1824, grazie al tenace impegno di Amedeo Peyron furono incamerati 69 manoscritti del soppresso monastero di San Colombano di Bobbio. Sempre nell’Ottocento, la Biblioteca entrò in possesso dei manoscritti del principe Carlo Emanuele Dal Pozzo della Cisterna, del conte Cesare Saluzzo, dei libri del professore Giuseppe Biamonti, della raccolta di aldine del marchese Carlo Alfieri di Sostegno, dei manoscritti di Prospero Balbo, degli autografi di Carlo Denina. Contestualmente le raccolte si arricchivano grazie al diritto di stampa concesso dal re Carlo Alberto nel 1848.

Il Regio Decreto n. 2974 del 20 gennaio 1876 stabilì la nuova denominazione di Biblioteca Nazionale Universitaria, inserendola tra le biblioteche autonome di primo grado con il compito «di rappresentare, nella sua continuità e generalità, il progresso e lo stato della cultura italiana e straniera».

Sullo scorcio del secolo iniziò a farsi strada l’ipotesi della realizzazione di una nuova sede, posticipata a causa di diverse avversità: prima l’incendio del gennaio 1904, che devastò buona parte dei preziosi fondi manoscritti; successivamente i danni inferti dai bombardamenti del dicembre 1942.

All’inizio del Novecento, l’isolato individuato per ospitare la nuova sede era occupato in parte dalle antiche Scuderie di Palazzo Carignano, erette nel 1790 su progetto di Filippo Castelli, e in parte dal Palazzo del Debito Pubblico, costruito nel 1842 su disegno di Alessandro Antonelli. Nel 1936 l’intera area fu consegnata alla Biblioteca Nazionale e l’anno successivo il Comune di Torino vi intraprese i lavori di demolizione, salvaguardando la sola facciata neoclassica delle ex Scuderie su piazza Carlo Alberto, destinata a diventare il prospetto principale della nuova Biblioteca. Il cantiere subì una brusca interruzione durante il secondo conflitto mondiale.

Nel 1956 il Ministero dei Lavori Pubblici bandì finalmente il concorso per la costruzione della nuova sede di piazza Carlo Alberto affidando l’incarico agli architetti Carbonara, Insolera, Liviadotti, Quistelli e Amodei. I lavori, avviati nel 1959, si prolungarono per tutto il decennio successivo, fino alla definitiva apertura al pubblico il 15 ottobre 1973. Due anni dopo lo storico laboratorio di restauro, creato a seguito dell’incendio del 1904, fu accolto presso il nuovo edificio, mentre il 15 febbraio 1976 si procedette con l’inaugurazione ufficiale della sede. Tra gli aspetti più funzionali del nuovo edificio spiccava l’impianto di trasporto automatico dei libri dai magazzini alle sale di lettura, prestito e periodici, risolto con una macchina Siemens di nastri trasportatori collegati con un ascensore Paternoster a movimento continuo.

Grazie alle acquisizioni novecentesche, oggi la Biblioteca possiede un cospicuo patrimonio che conta complessivamente oltre 1.550.000 volumi. Tra i fondi di maggiore rilevanza si distinguono gli autografi di Foscolo, Gioberti, Pellico e Tommaseo; gli studi e i disegni geografici di Agostino Codazzi; le raccolte Foà-Giordano contenenti i manoscritti autografi di Antonio Vivaldi; il Corpus Juvarrianum, che raccoglie oltre mille disegni dell’architetto Filippo Juvarra; il fondo Regina Margherita, con più di 13.000 volumi appartenuti alla prima regina d’Italia; il fondo 1904, così chiamato in riferimento all’insieme dei volumi pervenuti dopo l’incendio del 1904 a simbolico risarcimento delle ingenti perdite subite; una vicenda che testimonia la centralità del tema del dono nella storia della Biblioteca e per il suo sviluppo quale organismo vitale.