Della ricchissima raccolta di codici posseduti dalla Biblioteca, quelli in lingua ebraica ebbero un posto di preminenza in passato, poiché considerati una delle collezioni più ricche e più complete d’Europa. Tra i manoscritti – di cui oggi sopravvivono solo un centinaio tra codici e frammenti databili tra il XII e il XVI secolo – si hanno il codice miniato allestito a Ferrara nel 1472 contenente l’Arba Turim di Jacob Ben Ascer e la Divina corona sabauda (1622) di Diodato Segre, testo autografo che tramanda composizioni encomiastiche in lode di Carlo Emanuele I di Savoia.
Il fondo manoscritto greco, anch’esso gravemente danneggiato dall’incendio, contava prima del 1904 405 codici: degli attuali 309 manoscritti, circa 90 recano miniature e decori. Tra i codici più noti si hanno un testimone dei In duodecim minores Prophetas commentarii di Teodoreto (fine X – inizio XI secolo), arricchito da miniature che riproducono su fondo oro i medaglioni dei 12 profeti, e il De caelesti syderum dispositione di Giovanni Camatero, allestito nel Cinquecento e certamente appartenuto al duca Emanuele Filiberto di Savoia.
Il fondo manoscritto in alfabeto latino è costituito da codici latini, francesi, italiani e spagnoli. Tra i documenti più significativi in lingua latina sono da segnalare il codice k dei Vangeli (tramanda una porzione del Vangelo di Marco e del Vangelo di Matteo), scritto probabilmente nel IV-V secolo e proveniente dal monastero di Bobbio; un testimone del commento all’Apocalisse di Beato di Liébana, realizzato nel primo quarto del XII secolo; il cosiddetto “Messale Rosselli”, databile al XIV secolo e allestito per il cardinale Nicolas Rossell, attivo presso la curia papale di Avignone; l’Historia Naturalis di Plinio commissionato fra il XV e il XVI secolo dalla famiglia Gonzaga, con miniature attribuite alla scuola di Mantegna. Tra i manoscritti in lingua francese si ricorda il Guiron le Courtois du bois verdoyant, compilato intorno al 1465 e arricchito da oltre 100 fogli miniati. Tra i codici in volgare italiano pare utile menzionare due testimoni del Mondo Creato di Torquato Tasso, databili alla fine del Cinquecento.
Tra i documenti entrati in Biblioteca dopo il 1904 di particolare interesse sono gli archivi di Giovanni Flechia, di Alberto Nota, di Felice Romani e della famiglia Peyron.