I doni di un marchese-bibliotecario
Tra i vari libri giunti in dono alla Biblioteca Nazionale, meritano una menzione particolare quelli appartenuti al marchese Faustino Curlo (1867-1935), dedicati in prevalenza alle figure di Cristoforo Colombo e Benvenuto Cellini. Laureatosi in giurisprudenza presso l’ateneo torinese nel novembre 1894, con una tesi su Silvio Pellico, Curlo intraprese la carriera di bibliotecario, entrando nelle graduatorie governative dal 1° aprile 1898 come sotto-bibliotecario. Destinato alla Biblioteca Nazionale di Palermo, fu presto trasferito a Torino, dove poi svolse tutta la sua attività – salvo alcuni brevi periodi a Venezia e Genova – sino al pensionamento nel 1933. Nel 1900 sposò Maria Pierina Peyron, nipote dell’abate Amedeo, dalla quale ebbe due figlie.
Dopo l’incendio del gennaio 1904, Curlo fu incaricato dall’allora direttore Carlo Frati di collaborare al recupero dei manoscritti danneggiati, riuscendo con zelo e competenza a salvare da sicura rovina 1.843 codici membranacei e cartacei. Nel 1908 conseguì il diploma in archivistica, diplomatica e paleografia presso la Scuola dell’Archivio di Stato di Torino; mentre nel 1911 pubblicò per la Società Storica Subalpina l’edizione del Memoriale quadripartitum di fra Gabriele Bucci (1430-1497), dedicato all’origine e allo sviluppo della città di Carmagnola e alla nascita del locale Convento di Sant’Agostino, con i suoi sermoni e le sue orazioni funebri in onore di illustri personaggi di quella città.
Nel 1927 ebbe il merito di scoprire parte della preziosa collezione di manoscritti musicali del conte Giacomo Durazzo, giunta per lascito di un erede a un collegio dei Salesiani in provincia di Alessandria; curò poi la ricerca e l’acquisizione dell’altra parte della collezione, ancora in possesso degli eredi a Genova, che divenne la Raccolta Renzo Giordano. Dopo la scomparsa di Luigi Torri (8 maggio 1932) assunse la direzione della Biblioteca Nazionale di Torino, per poi lasciare il passo a Gino Tamburini in dicembre.
Fine e amabile conversatore, Faustino Curlo prediligeva intrattenere i suoi interlocutori con storie erudite e racconti della vecchia Torino, di cui lui conosceva bene aneddoti e vicende delle famiglie nobili che abitavano o avevano abitato negli storici palazzi del centro città, lì dove lui stesso viveva al civico 3 di Porta Palazzo. Bibliotecario per necessità, e non certo per vocazione, aveva l’animo del nobile piemontese d’altri tempi, incline all’erudizione, ma restio alla divulgazione o peggio alla pubblicazione del suo sapere. Socio della Società bibliografica italiana almeno dal 1903 al 1911, aderì all’Associazione italiana biblioteche dalla sua fondazione (1930), partecipando nel 1932 al suo secondo congresso nazionale. Aveva preso parte anche al primo Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia nel 1929. Fu inoltre socio effettivo, dal 1905, della Società piemontese di archeologia e belle arti, di cui fu anche bibliotecario nel 1917-1919, e membro della Deputazione subalpina di storia patria (corrispondente dal 1916, deputato dal 1931), della Società ligure di storia patria (dal 1904) e della Société française des collectionneurs d’ex libris et de reliures artistiques.
Pubblicò rari contributi eruditi, di carattere storico genealogico e bibliografico (in particolare sugli ex libris), e l’inventario dell’Archivio capitolare della Basilica di San Gaudenzio di Novara (1908).
Nel piccolo centro di Coazze, in Val Sangone, amava trascorrere la villeggiatura insieme alla famiglia, trovandovi il silenzio e la tranquillità necessarie alle sue ricerche di storia locale: attitudine ben espressa dall’ex libris che nel 1925 si fece disegnare dal marchese Francesco Carandini, in cui la sagoma della Sacra di San Michele della Chiusa svetta tra le arcate di un loggiato, mentre in primo piano un frate domenicano assorto in meditazione ci invita con un gesto della mano a tacere, accompagnato dal motto «Vox Dei silentium».