I volumi della Biblioteca già collocati nella sede di via Po prima dell’incendio del 1904 sono circa 4.100 e recano al dorso o al contropiatto l’etichetta settecentesca della Regia Biblioteca (due leoni rampanti che sorreggono lo stemma coronato di casa Savoia), oppure un’etichetta cartacea bianca profilata d’azzurro con una segnatura formata da un numero romano seguito da un numero arabo, o ancora un’etichetta cartacea di fine Ottocento, ma con indicazione manoscritta della vecchia segnatura settecentesca. Inoltre, questi stessi volumi riportano in molti casi l’indicazione “doppio” scritta a lapis o a inchiostro bruno sulla legatura o il frontespizio. Altri volumi, privi invece di ulteriori indicazioni, potrebbero provenire dalle vecchie succursali della Biblioteca, un tempo ubicate in via Plana e in via Roma.
I volumi vanno dal 1535 sino agli anni Ottanta del XIX secolo, con notevole prevalenza di volumi stampati nel Settecento a Parigi e Torino; parimenti spiccano per importanza cinque opere appartenute all’avvocato Giovanni Michele Perini di Valperga, la cui ricca biblioteca di 3.600 volumi fu acquistata dal Comune di Torino per la somma di 15.000 lire nel 1707 e confluì nel 1723, per volontà del re Vittorio Amedeo II, nella nascente Regia Biblioteca Universitaria (De Pasquale 2006; De Pasquale 2007).
Collezioni presenti in Biblioteca prima del 1904
Un ulteriore insieme di volumi, estremamente eterogeneo, risulta composto dai libri del medico Giacinto Pacchiotti (1820-1893) e dalle opere provenienti da diversi enti ecclesiastici soppressi, in cui si inserisce, per tradizione di studi, anche un interessante e controverso insieme di libri che recano al frontespizio un monogramma interpretabile come AV o AN.
Per i primi è bene ricordare che Giacinto Pacchiotti fu professore ordinario di Patologia Chirurgica all’Università di Torino dal 1863, medico capo dell’Ospedale Valdese, consigliere comunale e assessore all’Igiene; la sua carriera e la sua conseguente fama lo portarono a ottenere nel 1880 la nomina a Senatore del Regno d’Italia. Alla sua morte la sua preziosa biblioteca, in buona parte proveniente da un fondo settecentesco di proprietà di una famiglia di medici cuneesi, fu donata alla Biblioteca Civica di Torino, che l’anno successivo la cedette a sua volta alla Biblioteca Nazionale. La collezione vanta oltre 970 titoli editi in Italia ed Europa, di notevole pregio e rarità. Numerose sono le raccolte miscellanee di tesi di laurea, cui si affiancano titoli relativi a varie branche della medicina (dall’oculistica allo studio del sistema nervoso, dalla flebologia ai testi sul puerperio). Dalle note di possesso apposte sui volumi è stato possibile ipotizzare che il Pacchiotti avesse acquistato da una famiglia di medici cuneesi (tre generazioni della famiglia Gallo) la parte più antica della collezione (circa 80 volumi), la quale poi fu da lui implementata nel corso di tutta la sua vita. Grazie alle segnature apposte sui dorsi è stata ricostruita prima virtualmente e poi fisicamente l’originaria collocazione dei volumi: oggi è quindi possibile consultare il Fondo Pacchiotti esattamente come era disposto nelle librerie del celebre medico torinese.
Per il secondo gruppo di testi, invece, il riferimento è a 720 dei circa 30.000 volumi che ai primi dell’Ottocento incrementarono in modo considerevole le raccolte della Biblioteca a seguito della soppressione dei principali monasteri e conventi di Torino e dintorni, nonché di località quali Vinovo, Testona, Novalesa e Vicoforte. Molti di questi volumi recano sul frontespizio una sigla manoscritta variamente interpretata come “AV” o “AN”, di cui non è noto il significato, dove il tratto discendente della A e quello ascendente della V o della N sono coincidenti. Tale sigla potrebbe corrispondere a un visto apposto dalle autorità civili al momento dell’incameramento di tali opere (De Pasquale 2006; Giaccaria 2011 b).
I testi AV o AN rinvenuti nelle 1046 scatole forate sono: di alta epoca (compresi tra 1528 e 1796 ma con una grande preminenza del XVII secolo); tutti di piccolo formato (in-8°, in-4° piccolo); con legature prevalentemente in pergamena; di argomento letterario e storico-scientifico, quasi si trattasse di un’attenta selezione del materiale da parte di un antico possessore-bibliotecario-conoscitore. La selezione comprende testi rari e curiosi, soprattutto ipotizzando una provenienza religiosa, come quelli dedicati al galateo, alla storia delle donne scienziate o ancora i trattati cavallereschi; infine, buona parte della collezione è dedicata alle scienze e all’astronomia.
A tali opere sono state associate anche altri volumi provenienti da enti conventuali soppressi nel corso del XIX secolo, privi della sigla AV o AN in frontespizio. In particolare si tratta di 70 opere già del Convento di San Domenico di Chieri e 90 volumi di enti religiosi diversi.
Le opere provenienti da Chieri recano diversi segni di riconoscimento: al dorso un’etichetta cartacea con simbologia domenicana (ovvero un globo sormontato da una croce e un cane con una fiaccola tra le fauci circondati da un ramo di palma e uno di gigli intrecciati); al contropiatto anteriore ex libris manoscritti o cartacei che riportano la seguente dicitura: «Bibliotechae Conventus S. Dominici Cherii»; e al frontespizio note di possesso manoscritte.
Tra i volumi di provenienza ecclesiastica sono inoltre state individuare note di una decina di antichi possessori, tra i quali spicca il nome dell’architetto Guarino Guarini (1624-1683), che possedette un’edizione del 1615 del In astrologos coniectores libri quinque, poi conservato presso la biblioteca di San Lorenzo a Torino e in seguito giunto in Biblioteca Nazionale (coll. Sigla AV.359).